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GKN, alcune idee per “insorgere”

Claudio Cornelli, Fisac Cgil Nazionale

Mi collego all’articolo di Anna Maria Romano dal titolo “GKN -ovvero l’anticamera dell’inferno”, un articolo ben fatto, preciso puntuale e chiaro. Brava come sempre Anna Maria!!!!

Questo scritto ci consegna uno spaccato del “nuovo” capitalismo, ancora più feroce di quello descritto da Marx, perché, ai padroni a cui interessava un investimento duraturo nel tempo, si sono sostituiti degli sciacalli a cui interessa acquistare -se va bene migliorare attraverso riorganizzazioni che ricadono sempre sulla vita e sulla pelle dei lavoratori- e vendere ad un prezzo più alto….appunto speculando….
A loro non interessa il ruolo sociale di un’impresa, dei lavoratori, del paese…..agli sciacalli interessa stra guadagnare…..

Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito al declino di questo paese proprio per l’assenza di una politica industriale e, contemporaneamente, a partire proprio dallo Stato che ha
proceduto a dismettere l’assetto produttivo attraverso la vendita (ha regalato!!!!) a capitalisti privati pezzi di produzione strategica e, contemporaneamente, il Capitalismo nostrano ha delocalizzato nei paesi con zero diritti e salari trasferendo le produzioni, o ha venduto alle proprietà a multinazionali straniere che altro non sono che fondi speculativi.
A questo si è aggiunta la crisi del 2008 e il Covid.

La genesi di questa ultima accelerazione di chiusure è la sottoscrizione dell’avviso comune sottoscritto da Governo, CGIL CISL e UIL e Associazioni datoriali nel quale si raccomanda di usare gli ammortizzatori sociali in alternativa ai licenziamenti.      Detto Fatto!!!!!

Dallo scorso primo luglio si è scatenato “l’inferno”, in circa 20 giorni  si è consumata una carneficina, si sono avviate le procedure di licenziamento per circa 1500 lavoratori.

La Gianetti Ruote di Monza, 152 lavoratori, di proprietà del Fondo americano Quantum Capital Partner, la GKN di Campi Bisanzio, 422 lavoratori, di proprietà del Fondo inglese Melrose, la TIMKEN di Villa Carcina, 106 lavoratori, Multinazionale americana, la ROTORK GEARS di Cusago, 28 lavoratori, multinazionale inglese, in aggiunta ai tavoli già aperti di Wirlpool di Napoli, 350 lavoratori circa, l’EX ILVA ARCELOR MITTAL di Taranto, la BLUTEC di Termini Imerese, senza parlare del “futuro” di ALITALIA.

Di fronte a questo “nuovo” modello quale ruolo e, soprattutto, quale strategia deve adottare il Sindacato per salvare il lavoro ed i lavoratori?

Non siamo più nel campo della tutela dei lavoratori, intesa come ammortizzatore sociale, non è più possibile assistere alla chiusura delle fabbriche, continuare a perdere la capacità produttiva e proseguire a non avere una politica industriale.

Questa riflessione che si continua a non fare, non è più rinviabile.

Come ci si pone di fronte alla chiusura di una fabbrica e al suo smantellamento?

È possibile “insorgere” – uso non a caso questa bella “Parola D’Ordine” che le compagne ed i compagni  di GKN  stanno giustamente utilizzando – e prendersi la fabbrica proseguendo la produzione?

In Argentina le “FaSinPat” hanno prodotto dei risultati molto importanti, e non solo per chi lavora in quelle aziende, hanno creato un nuovo modello sociale, in equilibrio con l’ambiente ed il paese: si sono ridotti gli incidenti sul lavoro, attraverso turni più “umani”, con salari e redistribuzione della ricchezza tra i lavoratori, gli investimenti necessari ed il fabbisogno del comune dove sussistono le fabbriche.

In Italia, qualche piccola esperienza è stata importata, ma non si è approfondita questa possibilità.

Oggi penso che di fronte a fabbriche che chiudono, smantellano e trasferiscono all’estero le produzioni, le cui proprietà  sono di fondi speculativi, di qualche famiglia senza scrupoli e di Multinazionali sanguisughe, noi si debba contrapporre questa pratica.

È facile e automaticamente fattibile?

Certo che no, si deve studiare attentamente caso per caso ed avviare questa alternativa con economisti e legali a noi vicini e attraverso il supporto di psicologi e sociologi per i lavoratori e dell’ambiente circostante dove insiste la fabbrica, attraverso la supervisione e la guida del Sindacato che deve costruirsi un nuovo ruolo e dotarsi di nuove competenze.

Con la consapevolezza delle difficoltà che esistono nell’intraprendere questa strada sconosciuta, ritengo però che assistere all’ulteriore declino di intere fette di popolazione e del futuro di questo paese, non ci siano dubbi:
AL LAVORO E ALLA LOTTA!!!!!!

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