Benedetta Mariani, farmacista – Coordinatrice Filcams farmacie della Toscana
Dopo meno di un anno dall’esplosione dell’emergenza pandemica Covid19, l’approvazione dei primi vaccini efficaci da parte delle agenzie regolatorie (FDA negli USA, EMA in EU, MHRA in GB ndr) ha fatto tirare un sospiro di sollievo globale, ma forse prematuro. I primi pazienti sono stati vaccinati all’inizio di dicembre 2020 in USA e GB, a fine dicembre in EU, e le campagne vaccinali stanno procedendo, nonostante le difficoltà organizzative che comporta in ogni paese l’obiettivo di vaccinare decine o centinaia di milioni di persone in pochi mesi. Il fattore limitante ora è il numero di dosi disponibili.
Lo sviluppo di un vaccino anche con le tecnologie più moderne richiede di solito da 7 a 10 anni, ma mai nella storia così tanti gruppi di ricerca nel mondo si erano concentrati sullo stesso obiettivo, e mai così tanti finanziamenti, da parte delle multinazionali farmaceutiche e anche da parte dei governi. Dal punto di vista scientifico, un risultato straordinario. Le agenzie regolatorie stanno usando procedure di approvazione accelerate, già tre vaccini sono stati autorizzati (Pfizer-Biontech, Moderna, Astra Zeneca) e altri stanno presentando i loro studi (Johnson& Johnson, Curevac). Anche in Cina e in Russia sono stati approvati i primi vaccini e vengono somministrati alla popolazione.
Ma ora è fondamentale che tutti i cittadini del mondo abbiano accesso alla vaccinazione antiCovid in tempi rapidi e con costi sostenibili per gli Stati. Durante una pandemia il fattore tempo è una variabile strategica, perché nella popolazione non vaccinata il virus continua a diffondersi, e potrebbe accumulare mutazioni che lo rendano più contagioso, più letale, o meno sensibile al vaccino. La pandemia è una crisi sanitaria globale da cui nessuno si salva da solo. Questa crisi ha fatto rivalutare ovunque l’importanza della sanità pubblica nel garantire il diritto alla salute dei cittadini: le terapie intensive, i pronto soccorso, la medicina sul territorio, ma anche i dipartimenti di prevenzione e la medicina del lavoro non sono costi, ma investimenti che fanno la differenza.
L’Unione Europea riguardo alla prenotazione delle dosi, ai tempi di consegna e al prezzo ha scelto di trattare collettivamente tramite la Commissione accordi con le aziende farmaceutiche produttrici, ma nessuna di queste ad oggi sta rispettando i quantitativi che si era impegnata a consegnare, ed emergono fragilità dei vincoli a cui sono sottoposte dai contratti stipulati. I vaccini sono sotto brevetto, la domanda mondiale supera ampiamente l’offerta e i margini realizzabili sul mercato dalle Big Pharma nei prossimi mesi sono enormi, e si aggiungono agli strepitosi rialzi delle loro quotazioni in Borsa nel corso del 2020. La Commissione europea sta facendo pressione perché Pfizer e Astra Zeneca rispettino pienamente gli accordi presi e non solo “facendo del loro meglio” come ha sostenuto Soriot, AD di Astra Zeneca, ma la situazione non è ancora risolta.
Alla fine i diritti di brevetto in una situazione sanitaria così drammatica potrebbero anche essere superati, è già successo una volta, quando nel 1997 furono messe in commercio terapie combinate antiAIDS efficaci ma molto costose, e il Sudafrica di Mandela decise di produrle al di fuori del brevetto, scatenando i ricorsi degli avvocati delle multinazionali; con il sostegno dell’opinione pubblica mondiale, di ong come Oxfam e MSF, la vicenda finì 4 anni dopo con il ritiro delle cause e con la dichiarazione del WTO a Doha nel 2001
“Gli accordi TRIPS sulla proprietà intellettuale non impediscono e non dovrebbero impedire agli stati di prendere misure per proteggere la salute pubblica”.
Serve una volontà politica forte, ma non sarebbe impossibile farlo in una crisi sanitaria di queste proporzioni. Solo che non basterebbe neanche questo a garantire la disponibilità effettiva delle dosi in tempi brevi. Nei mesi scorsi gli investimenti più forti delle aziende farmaceutiche e degli Stati sono stati fatti sulla ricerca più che sulla produzione ma la complessità produttiva di un vaccino (e ancora di più quella dei vaccini a mRNA come Pfizer e Moderna, che sono i primi di quel tipo a entrare in commercio) richiede impianti certificati, ambienti sterili, tecnologie molto aggiornate, bioreattori, certificazioni da parte degli enti di controllo, personale con competenze complesse, continui controlli di qualità sui lotti prodotti. Per costruire un impianto di quel tipo o adeguarne uno già esistente serve qualche mese e fino a 600 milioni di euro di investimento. Le aziende che detengono i brevetti hanno già stretto accordi nei mesi scorsi con i terzisti attrezzati per queste produzioni, e hanno già impegnato i loro impianti europei:
- Pfizer produce in Belgio a Puurs, in Germania con Biontech (impianto ex Novartis a Marburg) e con Rentschler Biopharma e su pressione della Commissione Europea che reclama tutte le dosi e le scadenze di consegna concordate ha concluso un accordo il 27 gennaio anche con Sanofi, per produrre nei loro impianti di Francoforte 125 milioni di dosi nel secondo semestre del 2021 e poi anche con Novartis per la sede di Stein;;
- Astra Zeneca produce le dosi promesse all’UE tramite terzisti, la francese Novasep in Belgio e Halix in Olanda, delegando in parte l’infialamento a Catalent in Italia, mentre sostiene che la produzione effettuata negli altri due impianti in GB sia destinata solo alla Gran Bretagna (infatti non ha compensato il rallentamento avuto a gennaio nell’impianto belga di Seneffe, riducendo temporaneamente le consegne in nome del solo “best effort” a cui ritiene di essersi contrattualmente impegnata);
- Moderna è nata nel 2010 come start up di Harvard, sulla quale aveva investito Merck– vendendo poi il pacchetto azionario non appena la notizia dell’efficacia del vaccino ha fatto salire il valore- e che è stata finanziata anche dall’amministrazione americana, faceva ricerche molto avanzate per farmaci basati sul RNA ma non ne aveva ancora immessi in commercio. Non ha impianti propri, ora produce tramite gli stabilimenti della svizzera Lonza, per gli USA in New Hampshire e per l’EU a Visp, poi i vaccini da distribuire in Europa vengono confezionati in Spagna da RoviPharma;
- altre aziende sono in fase di studio avanzata e stanno investendo nel potenziamento delle loro strutture produttive, per esempio GSK 20 milioni sull’impianto italiano di Rosìa per la produzione di adiuvante, componente essenziale del vaccino che sta sperimentando insieme a Sanofi e che potrebbe entrare in commercio a fine 2021, mentre Johnson&Johnson ha appena presentato la richiesta di approvazione del suo, che produrrà per l’UE tramite la controllata Janssen.
La sfida posta dal Covid è collettiva. Ha cambiato le vite di tutti e ha compromesso le certezze di centinaia di milioni di lavoratori. Ha rimesso al centro della discussione la salute come diritto e gli Stati come primi responsabili di garantirla ai loro cittadini. I leader di governo che hanno sottovalutato la pandemia sono stati puniti chi dal contagio, chi dall’opinione pubblica e qualcuno già nelle urne. L’UE ha affrontato la pandemia finanziando precocemente ricerche, costruendo strumenti solidaristici sia dal punto di vista economico – con NGEU – che sanitario con l’istituzione del COVAX, ma per produrre vaccini in dosi sufficienti e con sufficiente tempestività non basta la ricerca, ora ci vuole la volontà politica forte e pressante di imporre alle aziende farmaceutiche uno sforzo produttivo che renda disponibili più dosi di vaccino in tempi più brevi per la popolazione di tutto il mondo (superando i brevetti o aumentando gli impianti di produzione su licenza), anche sostenendo gli investimenti tecnologici necessari, che avrebbero un ritorno in termini di sviluppo oltre la crisi pandemica, ma vincolandoli alla messa a disposizione delle dosi prodotte come bene per la salute pubblica e non come bene sul mercato.
#CoronaVirus COVID-19 Observatory #OpenCorporation, from start-ups to Big-Pharma, all the companies committed in #vaccine research Published 10 Marzo 2020
https://blog.opencorporation.org/2020/03/10/coronavirus-covid-19/
Vaccino, Unicef: lanciato il primo piano di distribuzione per un accesso equo
https://t.co/uvaQsyIoFj?amp=1